Il neuromarketing: comunicare il vino con il supporto delle neuroscienze

Neuromarketing: cos'è?

Il neuromarketing è un termine coniato recentemente per indicare un nuovo approccio alla comunicazione e allo studio del mercato. Alle tradizionali tecniche di marketing, si aggiungono infatti metodologie derivate dalle neuroscienze e dalla psicologia cognitiva e sociale, per analizzare a 360° i processi decisionali e le motivazioni inconsce che muovono le scelte del consumatore. Una vera e propria rivoluzione che permette di osservare cosa succeda nel nostro cervello di fronte ad un prodotto o ad una scelta tra diversi.

Immaginate di sottoporre un nuovo packaging, per esempio di una bottiglia di vino, ad un gruppo di persone per conoscere la loro opinione. Il marketing tradizionale userebbe un questionario oppure imposterebbe una discussione fra i partecipanti, cercando di cogliere i diversi pareri. Il neuromarketing può invece sottoporre ciascun consumatore ad una risonanza magnetica, analizzando quali aree del cervello stimoli quella determinata combinazione di colori, materiali e forme, ampliando notevolmente l’orizzonte della creazione di contenuti pubblicitari e promozionali.

Come decide un consumatore quale vino acquistare?

Grazie alle nuove tecniche di neuromarketing è possibile svelare i processi inconsci e spesso irrazionali che guidano un consumatore.
Numerosi studi concordano che esistano due vie interconnesse fra loro che caratterizzano il funzionamento del cervello in risposta ad uno stimolo: una “via bassa” e una “via alta”. 

 

La “via bassa” o “talamica” sembra coinvolgere strutture profonde del cervello, elaborando le informazioni in maniera rapida e poco accurata. È il sistema di decisione più impulsivo, correlato a scelte che richiedono tempi celeri, spesso legate alla sfera emotiva e alla sopravvivenza. Diversamente, se gli stimoli recepiti non ricadono in questi ambiti, sono inviate e processate nella “via alta” detta anche “corticale”, area del cervello dedicata invece alla valutazione lenta e consapevole. 

 

Appare evidente come sia indispensabile stimolare per prima la “via bassa” per creare un interesse meno specifico ma più emotivo e viscerale, e solo in un secondo momento, coinvolgere il consumatore in una valutazione più accurata, solo se ne ha le competenze. Davanti ad uno scaffale pieno di bottiglie di vino un consumatore inesperto sarà infatti guidato più dalle emozioni che dalla ragione, viceversa un sommelier sarà meno impulsivo e più riflessivo nell’acquisto, ma pur sempre attirato e stimolato da messaggi e immagini che parlano alla sua parte emotiva. Proprio in questa dinamica si inseriscono le tecniche “priming”.

Il "priming" nel vino e l'importanza
del packaging

Il priming è una tecnica che consiste nell’influenzare il comportamento di un consumatore facendo leva sulla sua sfera emotiva. In parole più semplici equivale a disseminare di indizi una immagine o una pubblicità, per portare ad una certa sequenza di associazioni e quindi di comportamenti. Per esempio, un’etichetta di colore verde, con immagini che richiamano alla natura come per esempio una coccinella, portano il nostro inconscio a pensare a concetti come il rispetto per l’ambiente e la genuinità di quel vino. Avete mai fatto caso alle etichette dei vini biologici o certificati sostenibili? Ai colori e alle immagini utilizzate? E la loro disposizione nel piccolo spazio dell’etichetta? Anche qui è possibile applicare il neuromarketing, utilizzando la tecnica dell’eye tracking, ovvero analizzando i movimenti degli occhi sulle immagini e le scritte. Lo sguardo si posa per maggiore tempo sulle aree ritenute più interessanti dal nostro cervello, creando una mappa delle “zone calde” di una immagine. Queste heat map risultano utilissime non sono solo nella creazione delle etichette, ma anche in quella delle homepage di siti aziendali e nella creazione di campagne pubblicitarie.

Lo scopo è sempre lo stesso: catalizzare lo sguardo di un consumatore bombardato da mille informazione persuasive. Un noto produttore di Prosecco, la cantina Nino Franco, ha un logo che bene riesce in questo intento. Le due iniziali “N” e “F” si contrappongono al disegno di un grappolo e di un calice stilizzato con un chiaro riferimento, nello stile essenziale e nel tratto che ricorda una pennellata, ai simboli della scrittura orientale. Immaginate l’efficacia che può avere questa immagine nell’attirare l’attenzione di un consumatore cinese o giapponese, nonostante la sua apparente semplicità.

 

Dietro la comunicazione di un vino però non c’è nulla di semplice o scontato, soprattutto nel mondo di oggi dove la competizione è alta e su tantissimi canali di comunicazione differenti. Le tecniche di neuromarketing sono uno strumento efficace e pionieristico nella creazione di contenuti, destinato a diventare parte integrante delle strategie comunicative del futuro del mondo enologico, e non solo.

 

La prossima volta che vi trovate a scegliere una bottiglia di vino o di vermouth, fate caso alle etichette 😉

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