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12 Ottobre 2021

  • By  Margherita Graziani
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Come personalizzare il proprio Vermouth: la scelta della bottiglia

Intraprendere la creazione di un proprio Vermouth è un’avventura che inizia da un’idea, da una storia da raccontare, che poi si concretizza nel sapore del prodotto. Dopo aver messo a punto la ricetta, arriva il momento della scelta del packaging, in particolare della bottiglia, biglietto da visita del proprio Vermouth. Colorata, trasparente, leggera e affusolata oppure squadrata e massiccia: ogni elemento comunica qualcosa al consumatore, come abbiamo visto nell’articolo precedente sul Neuromarketing. Le possibilità di personalizzazione sono quasi infinite, e dietro una bottiglia si nasconde un vero e proprio universo di tipologie e caratteristiche.

Come è fatta una bottiglia?

Nella parte alta una bottiglia si compone di un anello, fondamentale nel caso degli spumanti perché è il punto dove si va ad ancorare la gabbietta del tappo a fungo. Nelle altre tipologie di bottiglie l’anello ha una funzione estetica ma anche di ergonomia, per facilitare la presa e l’apertura.

 

Abbiamo poi il collo e la spalla, che può essere più o meno pronunciata a seconda delle diverse tipologie e usi. In particolare, in passato la tendenza era quella di avere bottiglie dalle spalle particolarmente evidenti: la loro funzione era infatti quella di trattenere eventuali sedimenti al momento della mescita del vino o del liquore.

Oggi questo elemento conserva una funzione estetica, anche se per alcuni prodotti risulta ancora particolarmente utile.

Abbiamo poi il corpo, ovvero la parte centrale della bottiglia, e infine la base, anche in questo caso con la funzione di trattenere nella cavità eventuali sedimenti.

Le principali tipologie di bottiglie

Storicamente alcune tipologie di bottiglie sono diventate tipiche e tradizionali di una determinata regione, per poi divenire caratteristiche per determinate tipologie di vino.

La bordolese

bordolese - tipi di bottiglie

La bottiglia iconica per eccellenza, tipica delle zone di Bordeaux e dei suoi vini rossi. Dal colore scuro per proteggere dalla luce i vini rossi, ha un corpo dritto con spalla molto netta ed evidente. Alle origini questo era un dettaglio necessario per trattenere i sedimenti dei vini invecchiati, oggi è un elemento estetico ma anche di grande praticità: la forma della bottiglia permette infatti di impilarle facilmente e di movimentarle con altrettanta praticità.

La borgognona

Altro grande classico del panorama francese, è la bottiglia tipica della Borgogna. Ha una base più larga di quella bordolese e risulta più affusolata nella demarcazione della spalla.

È ideale per la conservazione dei vini bianchi, ma è anche usata per quelli rossi.

L’alsaziana

Anche detta Renana, è originaria dell’Alsazia. La forma slanciata e quasi priva di spalla denota il suo uso per vini con scarsi sedimenti, come appunto i bianchi o il Pinot Nero prodotti nella zona da cui ha origine. È una bottiglia estremamente elegante, anche se è l’incubo delle linee di imbottigliamento perché molto “ballerina” a causa della sua base stretta e del corpo affusolato.

La champagnotta

Bottiglia massiccia e pesante, ideata per resistere alle pressioni degli spumanti, che possono raggiungere anche 9 bar. Ha un fondo spesso con una rientranza, anche in questo caso in origine per favorire il deposito dei lieviti. Molto spesso è anche l’anello per favorire un ancoraggio duraturo della gabbietta.

L’albeisa

Una bottiglia tutta italiana anzi, tutta piemontese, tipica delle Langhe e di Alba, da qui appunto il nome.

Ideale per contenere i vini rossi, nella forma è simile alla borgognona con spalle più evidenti.

Perché 0,75 l è la misura standard?

La ragione per cui la bottiglia standard per il vino è da 0,75 l e non da un litro, misura a noi molto più pratica, è una ragione puramente commerciale, dettata dai più grandi importatori di vino nella storia: gli inglesi. L’Inghilterra ha importato fin dal Medioevo ettolitri su ettolitri di vino dalla Francia, acerrimo rivale politico, come testimoniano le guerre secolari tra i due paesi, ma indiscusso fornitore di prodotti enologici. Gli inglesi utilizzavano come unità di misura il gallone imperiale, che corrisponde a circa 4,5 litri. Per la vendita delle botti da 225 litri la conversione era facile: infatti una barrique corrisponde a 50 galloni imperiali.

Diversamente la misura di un contenitore più piccolo andava scelta con cura, ecco che

1 gallone può essere venduto in 6 bottiglie da 0,75 l, accorpate in pratiche casse da 6 o da 12, corrispondenti a 1 o 2 galloni. Allo stesso modo una barrique corrispondeva esattamente a 300 bottiglie.

 

Inoltre, in questo modo una bottiglia conteneva perfettamente 6 bicchieri da 0,125 l,

misura abituale dei bicchieri trovati nelle osterie, facilitando notevolmente i conti dell’oste.

Un’altra teoria meno accreditata, ma comunque plausibile, è legata alle prime tecniche di soffiatura del vetro: la capacità polmonare dei soffiatori non era in grado di produrre contenitori di vetro di misure superiori. Per avere bottiglie più grandi e prodotte in serie bisognerà attendere fino all’invenzione degli stampi.

Personalizzare il proprio Vermouth

Oggi il mercato propone una varietà sconfinata di forme, colori e lavorazioni delle bottiglie, che permettono di spaziare da bottiglie tradizionali fino a vere e proprie opere di arte contemporanea.

 

Personalizzare il proprio Vermouth anche nella scelta della bottiglia è uno step fondamentale nel creare una solida identità di un prodotto, nonché un momento di grande soddisfazione nel vedere finalmente “vestito” il vostro Vermouth.

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Forti, sti ragazzi di The Spiritual Machine. Fossero nati tre secoli fa c'avrei fatto un sacco di roba insieme

Antonio Benedetto Carpano

Inventore del Vermouth

Peccato essere già morto. Con The Spiritual Machine avrei bevuto sicuramente cose migliori.

Charles Bukowski

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Sono al di sopra delle lande desolate della Sabaudia popolazioni abituate a bere portentosi rimedi spiritosi, prodotti con allegria dai guerrieri della The Spiritual Machine

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